Dormire in diagonale

Riflettevo su questa circostanza poco fa.

Che ho ripreso il piacere dei miei momenti notturni, quando finalmente questa casa è piena solo di me (come la sottoscritta del resto), che di norma è un porto di mare e gli amici si autoinvitano la sera e si mettono comodi fino a notte fonda.  Ma ne son felicissima eh.

Ma di più.

L’immensa gioia di ripossedere completamente il MIO letto.

Ricordo che, quando il Pusillanime i primi tempi rimaneva a dormire qui, per me era una sofferenza immane. Ho impiegato mesi per abituarmi alla sua presenza nel letto. Che io ho il romanticismo di un criceto e per me quel corpo (bellissimo, per carità, bellissimo corpo) vivo lì accanto era un ingombro, un elemento soffocante. Tanto che a volte lo guardavo di sottecchi mentre dormiva e pensavo a cosa potessi fargli di fastidioso.

Poi dopo diverso tempo mi sono abituata e, confesso, che era piacevole ascoltarlo vaneggiare nel sonno. Perchè se gli parlavo lui rispondeva e si continuava la sceneggiatura del sogno.

Prima del Pusillanime, invece, era mia consueta abitudine liquidare amanti ed affini immediatamente dopo la conclusione della serata.

E quell’immediatamente era talmente immediato che spesso mi guardavano con aria vagamente incredula mentre sulla porta di casa li salutavo con un sorriso: “Buonanotte, grazie di tutto”. E chiudevo.

Ma il vero problema, ho capito, che non è il dormire con qualcuno. Il problema è il MIO letto.

Perchè poi, ad esempio, in vacanza, in case altrui, in altri letti, ho dormito con una marea di gente, senza fastidio.

Quello che mi secca è che qualcuno prenda possesso del mio letto.

E dei miei momenti notturni.

Che prima di dormire io mi devo ascoltare la musica, mi devo leggere libri, devo ballicchiare per casa o stare alla finestra a guardare finalmente Via degli Stronzi quasi vuota (dopo le 2 in settimana, dopo le 3 e oltre nel fine settimana), devo bermi un calicino di prosecchino, devo pensare a tutti i cazzi miei. E, soprattutto, se me prende male, devo uscire con l’amico fotografo in piena notte.

E con il Pusillanime tutto questo non si poteva più fare.

No. Con il Pusillanime non si potevano più fare un sacco di cose.

E quello che più di tutto, mi rendo conto, m’è pesato, è stato comprimere alcune parti me, porzioni importanti, fondamentali, essenziali.

Probabilmente la mia parte più viscerale, più profonda e istintiva.

L’ho messa via pensando che potesse essere, in fondo, poco rilevante.

E me la sentivo pulsare ovunque e cercare di straripare in tutti i modi possibili, mentre le imponevo il silenzio.

Ma forse questa compressione a qualcosa è servita. Ho avuto la certezza di qualcosa di cui avevo sempre dubitato, e cioè che io sono così. Sono quella lì, che ha bisogno di quelle cose lì e che quella me è autentica e pura. Vera.

Così oggi ho aperto un cassetto e ne ho tirato fuori una serie di cose che giacevano lì da 4 anni e quando le ho toccate, accarezzate, indossate, ho sentito quella scossa elettrica, quel flusso di adrenalina che percorre il corpo e torna alla testa e che è, in assoluto, l’emozione più forte che io possa provare.

No no, mai più. Mai più rinnegare la propria natura. Non voglio mai più nessuno che non abbia il mio stesso odore e i miei stessi occhi.

Ci ho messo mesi ad abituarmi ad avere qualcuno nel mio letto.

E poche settimane per tornare a gioire della mia solitudine notturna.