Con immensa gioia apprendo che la ormai trita e sovrabbondantemente abusata citazione “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire” non appartiene a Voltaire.

Per carità, a chiunque può sfuggire una cazzata di troppo. Anche a quella sagace lama affilata di Voltaire. Magari quel giorno aveva il cagotto o un fastidioso prurito ai cojoni, va a sapere…

Ora mi sento decisamente più tranquilla nel poter affermare che mai e poi mai darei la mia vita per dover leggere certe ABOMINEVOLI CAZZATE.

Grazie alle quali, tuttavia, lo ammetto, è possibile comprendere più facilmente e velocemente con chi si ha che fare, qual è lo spessore mentale di alcuni individui, quale la loro capacità di analisi, la visione ampia quanto il buco di culo di una gallina, l’irrefrenabile desiderio di mostrarsi stupidamente in assoluta controtendenza.  In tal caso, anzi, suggerirei a qualcuno di utilizzare una svastica come logo.

Perché è fondamentale poter scegliere, anche con una certa velocità, chi mandare affanculo.

Apprezzo e stimo anche chi attua il medesimo metodo con me.

Lo apprezzo moltissimo.

 

Siore e Siori,

datosi il continuo avvicendarsi di graditissimi et amatissimi ospiti at Tilla’s House sino alla settimana a venire,

per la gioia di molti e il dispiacere di pochi,

mi sospendo.

Senza rete di protezione sottostante.

Non mancherò, ove possibile, un attento sguardo ai Vs. scritti, non foss’altro per ritemprarmi di adeguato biasimo e/o solidale assenso.

Un bacetto né.

sguardo

Efistola d’amore

Amore mio,

fra poco finalmente ci rivedremo. E’ passato tanto, troppo, tempo. Sono così felice e vorrei dirti tante cose, ma non trovo le parole adatte.

E’ che in questa stagione qualcosa in me si apre a nuove dimensioni, a nuove visioni e consistenze.

Le mie mani, ad esempio. Quelle mani che tu, nella penombra leggera di un pomeriggio di settembre,  hai definito “fonti d’acqua cui dissetarsi”.

Ecco, quelle mani, le mie mani, ora… so’ tutte screpolate! Da morì.

E le mie labbra? Così morbide, carnose, con quella piccola curva, sulla quale ti soffermi a giocare con le dita, sfiorandola appena e seguendone il contorno…

Aride! E non solo. Si formano quelle pellicine secche (non so se hai presente), che io mi diverto a mangiucchiarmi per far uscire il sangue. Una barbarie! Che pure il burro di cacao si rifiuta di depositarvicisivi, guardandomi con orrore.

E i miei piedi? Quanto ti piacciono i miei piedi… Ricordo con ardore certi momenti di passione improvvisa.

Ciò tutti i talloni duri, secchi, raspigosi! Che, anzi, se ti serve di dare una smerigliata, una scartavetrata a porte e finestre, basta che ci cammino sopra io, amore, ti risparmio la fatica.

Perché tu, mia luce, tutti i giorni, tutti i santi, benedetti, giorni, mi domandi: “Come sono i tuoi capelli?”.

E come sono i miei capelli?

Stai tranquillo, cuore mio, i miei capelli sono sempre uguali, così come piacciono a te.

E’ tutto il resto che…

Amigdala

Amigdala.

Già che si chiama così, lo capisci subito che deve essere quantomeno una stronza.

Lei, poi, si fa chiamare Signorina Amigdala. Ci tiene tantissimo che non si sbagli e la si chiami “signora”. No! Lei è “signorina”! A 40 anni è “signorina”! Che significa che è una figa di legno, acida e antipatica.

La Signorina Amigdala ha più o meno questo aspetto:

Senza, tuttavia, essere dotata della stessa simpatia della Signorina Carlo, dalla quale ha evidentemente copiato la montatura degli occhiali. Perché, oltre a essere segaligna e stizzosa, è anche parecchio cecata.

Lavora come segretaria per la Talamo S.p.a. e va da sé che il nome stesso della società la renda piccata, evocandole immagini di piaceri a lei preclusi, perché prima del matrimonio sarebbe scandaloso e offensivo per la sua integerrima moralità e, in quanto a matrimoni, pare che, in tutta franchezza, mai nessuno l’abbia invitata nemmeno a una cena. Nemmeno in pizzeria. Nemmeno al Mac. Nemmeno pagando alla romana.

Ciò nonostante, lei racconta sempre di un fantomatico amore: un pretendente che pare abbia chiesto la sua mano, ma, essendosi fatto d’un tratto eccessivamente passionale e impetuoso e avendo trasceso i comportamenti consoni a un serio corteggiamento (ai più intimi ha raccontato di come abbia tentato di succhiarle il lobo di un orecchio), lei ha dovuto necessariamente respingerlo.

La verità è che la Signorina Amigdala da anni è segretamente innamorata del cugino delle sue dirimpettaie, le sorelle Adrenalina e Dopamina, due tipette frizzanti e sveglie. Alprazolam è  il nome dell’amato (la madre, appassionata di soap opera pakistane, ha nomato i tre figli come i personaggi delle sue soap: Alprazolam, Lorazepam e Diazepam).

Alprazolam è un ragazzotto pacato, tranquillo, sereno, con qualche accenno di vaga euforia di tanto in tanto. Si mostra cortese con Amigdala, ma, in verità, la considera solo la dirimpettaia stramba (e dalle chiappe un po’ troppo secche) delle sue cugine, le quali, nascostamente, ridono di lei.

Ma Amigdala, che non si è mai data per vinta, tenta in tutti i modi di creare escamotage di incontro con Alprazolam, fosse anche solo per un breve tete a tete in ascensore.

Ha studiato all’uopo un sistema ingegnoso ma efficace: Adrenalina e Dopamina, infatti, lavorano per una società “figlia” della Talamo S.p.a.: la Ipotalamo&Neocorteccia S.r.l. ed è proprio la Signorina Amigdala, in quanto segretaria, a gestire le comunicazioni tra le due società.

Le società si occupano di gestione e somministrazione di energia elettrica et affini e la Ipotalamo&Neocorteccia, in particolare, è quella che gestisce tutti i contatti con gli utenti e le varie ramificazioni locali.

A seguito di raccomandazione di Adrenalina e Dopamina, è stato assunto, quale tecnico specializzato, in caso di guasti e disfunzioni, proprio Alprazolam.

Sicchè, la diabolica Amigdala s’è inventata il sistema di inviare alla Ipotalamo&Neocorteccia false richieste di intervento, costringendo Alprazolam, ogni volta, a passare, a seguito di nuove procedure burocratiche, proprio per la scrivania di Amigdala per ricevere le informazioni necessarie all’intervento stesso.

Così, la subdola, appena possibile, senza destare troppi sospetti, invia le sue richieste di interventi urgenti e le comunicazioni di pericoli imminenti alla società figlia, affinché Alprazolam giunga da lei. Sollevando un gran trambusto, creando polveroni inutili e immensa confusione.

Ella è, infatti, convinta in cuor suo, che alla fine Alprazolam cederà alle sue incomprensibili lusinghe e che il medesmo sia l’unico in grado di stenderla, finalmente, su un letto, serena e compiacente.

Povera Signorina Amigdala…

Povera???

Amigdala, anzi.

A Migdala…

… ma vaffanculo!

Amore in tecia

Oh, mio gnocco di patate, senti com’è morbido il mio gulasch?

E’ che ho la paprica dolce.

Fammi leccare i tuoi canederli, ti lascio assaggiare la mia jota.

Mi si sono induriti i cevapcici.

E tu cos’hai lì? E’ orzotto?

Lo so lo so: tu sei un pinolo e io sono un po’ strudel.

Ma solo tu sai darmi una vera frastagliata del Kaiser.

Con tutto il mio kren.

La tua porzina.

M’è venuta la curiosità di andare a leggere vecchie pagine. Di solito evito. E’ sempre un discreto dolore andarmi a rileggere.

Ecco cosa scrivevo il 3 gennaio 2009.

 

E’ vero. Non so centellinare.

Addento in un sorso. Ma poi trattengo.

Spezzo l’amore in due.

Lo fermo. Un’immagine immobile.

Impedisco qualsiasi movimento. Niente più tempo, niente più umanità.

Impedisco la sua spontanea evoluzione. L’incognita dei desideri.

Lo uso.

Uso me e il mio amore. E sento.

Dolore che si assottiglia e diventa tagliente. Lo affilo e me lo conficco nella gola.

Dolore di un sorriso che mi morde con la sua assenza.

Mi privo della bellezza per il piacere di rimpiangerla.

Con la presunzione di nutrirmi di me, di succhiarmi fino al midollo.

E nel leggere parole che vorrei mie, per me, nella loro esattezza, solo per me, non so se preferire il dubbio che lo siano alla certezza del loro non esserlo.

Su *Tilla* fammi male.

Indossa gli occhi grigi e fammi male.

 

Il problema è che io non ho la più pallida idea di che minchia stia parlando in questo scritto. Di chi saranno ste fantomatiche “parole”? Di quale amore vado farneticando? Boh!

Perché a rileggermi tutti i giorni antecedenti e successivi non v’è traccia da ricondurre a qualcuno. E anche ricordando il periodo, gennaio 2009, io proprio non rammento grandi amori. Anzi. Era un momento di grande “allegria”, con un ampio via vai di gente…

Poi io avevo il mio blog, ma non leggevo altre persone, ero linkata in un sito e mi occupavo solo di quello.

L’unico dubbio che mi viene è che si trattasse del Supremo Non Cagante della mia vita. In fondo il blog l’avevo aperto tendenzialmente per lui.

Però, boh… non mi convince. Troppo poco perché fosse lui.

Mah. Vallo a sapere.

Andrò a letto con questo dubbio tremendo.

Ci dormirò stanotte?